Cinque falsi miti sulla monetizzazione del Digital Audio: un'analisi basata sui nostri dati

Basandosi su 12 mesi di analisi di oltre 1.000.000 di contenuti gestiti da Audioboost

Attraverso centinaia di dialoghi con editori globali, Audioboost ha raccolto dati quantitativi e qualitativi che smentiscono le convinzioni più diffuse sulla monetizzazione dei contenuti audio. Ecco i risultati delle nostre analisi:

1. “L’audio compromette le performance degli annunci display”

Falso. I nostri studi, condotti su un campione di 50 siti, mostrano che lo streaming audio non altera in modo significativo i KPI degli annunci tradizionali.

  • Durata della Sessione: +700-800% comparando alle sessioni senza audio attivo (p<0,01)
  • Display/video impressions: +25% durata delle sessioni con audio, grazie alla permanenza prolungata.

Più tempo viene dedicato all’ascolto dei contenuti maggiori sono le opportunità di monetizzazione con formati audio on. Normalmente durante queste sessioni, l’utente interagisce comunque con la pagina che spesso in modo temporizzato, visualizza nuove creatività display e video. Il vantaggio che le sessioni audio portano con sé non va dunque associato solo ed esclusivamente alla diretta monetizzazione con formati Audio On, ma anche indirettamente grazie all’incremento delle visualizzazione di molteplici banner e video

session duration

Implicazione: l’audio estende la durata delle visite e potenzia indirettamente l’efficacia dei formati visual.


2. “Serve un preroll per massimizzare i ricavi audio”

Falso. . L’inserimento di preroll riduce la soddisfazione dell’utente on-demand (-20% di completamento del contenuto). Il posizionamento di un preroll all’inizio di un audio o di un video è la più tipica modalità di erogazione di pubblicità audio o video anche perchè tecnicamente la più semplice. Tuttavia in un contesto di audioriproduzione sul web è preferibile evitare di avviare lo streaming con un ads preroll che contrasta con la promessa di ascoltare un contenuto on demand. Utilizzare invece un MidRoll possibilmente senza interrompere la naturale struttura del testo è il miglior modo per far “accettare” la pubblicità anche all’ascoltatore con più fretta.

shorter LTR

Implicazione: midroll contestualizzati ottimizzano revenue e retention, rispettando l’esperienza di fruizione.


3. “La conversione da testo ad audio è trascurabile”

Falso. Analizzando oltre 500.000 nuovi articoli di siti news nell’ultimo anno, mediamente il 60% è stato effettivamente riprodotto almeno una volta. Normalmente si prende in considerazione per calcolare la conversione tra articoli e audio, il rapporto tra Pagine Viste del sito e numero di Play. Questi due dati in realtà non hanno alcuna correlazione tra loro, sia perché spesso il caricamento di pagina è temporizzato sia perché non in tutte le pagine viste il player viene correttamente installato e poi renderizzato a causa dell’elevato bounce rate. Un corretto rapporto dovrebbe pertanto essere quello tra Sessioni Totali e Totale Streaming.

  • Conversion rate (audio vs. sessions): 2–6% delle sessioni totali generano streaming audio.
  • Ascolti medi per contenuto: 17 play a articolo.
Convertion Rate

Implicazione: l’audio si conferma il formato più interattivo in assoluto, superando click e scroll di una pagina web.


4. “Aumentare la frequenza degli audio ads aumenta i ricavi”

Falso. Frequenze >2 annunci per sessione riducono l’attenzione e la memorabilità (-20% MPS).

  • Ottimo equilibrio: 1–2 inserzioni per sessione garantiscono il massimo engagement e brand recall.

Un’elevata frequenza risulta essere dunque nella migliore delle ipotesi inutile, nella peggiore disturbante.

frequency

Implicazione: una bassa frequenza preserva l’efficacia pubblicitaria e limita l’effetto “sovraccarico” sull’utente.


5. “Chi non legge non ascolta”

Falso. Le sessioni audio registrano un bounce rate medio del 0.6%, contro il 7% delle sessioni senza audio.

  • Riduzione bounce rate: -97% in presenza di audio.

La drastica riduzione del bounce rate nelle sessioni con audio a differenza delle sessioni senza audio attivo, dimostra che gli utenti spesso abbandonano la pagina perché in quel momento non possono o non riescono a leggere il contenuto che pure avevano scelto. La disponibilità della versione in audio del contenuto consente dunque di non disperdere audience preziosa e fidelizzarla meglio anche per il futuro.

bounce rate

Implicazione: l’audio trasforma visitatori potenziali in utenti attivi, catturando un’audience altrimenti persa.


Conclusioni
I dati confermano che l’integrazione strutturata dell’audio non solo non danneggia gli altri formati pubblicitari, ma genera nuove opportunità di monetizzazione e coinvolgimento duraturo.